Presidenza della Repubblica: tre candidati ad tempus | Roma

2021-11-16 16:26:19 By : Mr. Ben Lai

I continui pettegolezzi sul futuro presidente della maltrattata Repubblica italiana sono di per sé materiale nauseante che non meriterebbe attenzione, nemmeno di sfuggita. È qualcosa che imbarazza e mortifica: i politici che ne parlano e che la alimentano, sia lanciando messaggi vaghi e prematuri, sia chiudendosi in un riserbo insincero, sprigionano solo un senso di inadeguatezza e squallore. Quando poi si arriva ad intervistare il barista favorito dal presidente Draghi per togliere le presunte indiscrezioni strappate dalla bocca della moglie circa il disagio che si prospetta per il previsto trasferimento al Quirinale, si capisce bene qual è il livello a cui si trova ora non ridotto. solo l'élite politica, ma anche la stessa, preziosa professione del giornalista: che irresponsabilmente dà spazio al gossip delle cameriere della commedia settecentesca, senza considerare il costo in termini di credibilità per il Paese che producono simili 'interviste', mancando peraltro di qualsiasi rilevanza e attendibilità. Ma c'è anche di più significativo da capire il momento in cui viviamo. Il valore che ha una carta costituzionale si basa, e non può fondarsi su altro, sulla fiducia che le forze politiche hanno nella sua validità. E nel rispetto che hanno per lui. Le Costituzioni - per una parte molto importante di esse - sono chiamate a dettare e mantenere viva l'architettura costituzionale dello Stato. Nelle carte costituzionali - in tutte - sono stabilite le regole sulla struttura del potere: esse prevedono quali sono gli organi depositari della sovranità, in quali rapporti sono i poteri fondamentali dello Stato, quali sono i meccanismi attraverso i quali i più importanti gli incarichi sono ricoperti, come sono fondamentalmente strutturati. Ma, al di sopra della Costituzione non c'è praticamente nulla, nessun altro può garantirne il rispetto e l'attuazione, se non i partiti politici che, avendo fiducia reciproca in quel patto fondamentale, lo rispettano scrupolosamente e le sue ragioni. 'soddisfare. C'è qualcosa di religioso in tutto questo: almeno nel senso che le Costituzioni hanno un valore simbolico e, come è noto, quando non si crede più ai simboli - perché non hanno più presa, perché non condizionano più gli atteggiamenti degli individui, come accade quando in un crocifisso non si vedono altro che due bastoni incrociati - non servono: non si orientano in alcun modo. Ci sono segnali precisi in questo senso, e sono segnali gravi, perché riguardano la più alta magistratura dello Stato, la Presidenza della Repubblica. Al momento abbiamo almeno tre candidati che si propongono ad tempus, come dicevamo una volta: che intendono mantenere l'alta carica per un paio d'anni, fino a quando non ci sarà un nuovo Parlamento e questo potrà eleggere un nuovo Capo dello Stato . Certo, sono candidature che si lasciano intravedere con la tecnica del filtraggio ambientale, di quello che si direbbe negli ambienti intorno al designato possibile: e si fanno i nomi di Berlusconi, Amato e Mattarella. Gli ultimi due sono giudici costituzionali e presidente della Repubblica, cioè persone che dovrebbero presiedere al rispetto della Costituzione ai vertici delle istituzioni. È vero che ultimo, ma solo in definitiva, il Presidente della Repubblica suggerisce l'indisponibilità - ma un'indisponibilità che mantiene comunque spazi di possibilità, a determinate condizioni - ma è un fatto ampiamente discusso per nominare il Presidente della Repubblica il giorno tempo. violazione della Costituzione. Quest'ultimo stabilisce che la carica deve durare sette anni. E la durata delle istituzioni non è una variabile indipendente - ammesso e non ammesso che il tempo irrilevante sia irrilevante per le cose della vita in generale: sembrerebbe di no. La durata in carica del titolare di un ente lo rende autorevole, condizionandone la capacità, soprattutto, in questo caso, elemento di stabilità del sistema. Il fatto che un Capo dello Stato resti in carica due o sette anni significa non meno che può o non può svolgere quel compito che gli viene attribuito dalla nostra Costituzione, quale garante dell'unità nazionale, arbitro massimo della vita istituzionale, quale barriera alle tentazioni sempre presenti di invadere i poteri politici. In breve, fa di un Capo di Stato ciò che è un Capo di Stato. Parlare liberamente per trasformare il periodo di sette anni in un periodo di due anni è un vero e proprio attacco alla Costituzione. Così come la teoria del semipresidenzialismo di fatto, da parte di un ministro in carica, senza che nessuna conseguenza - a parte un po' di carburante per dibattiti dottrinali - venga seriamente seguita. E il bello è che, mentre si parla del biennio presidenziale come di una situazione ampiamente possibile, viene negata la possibilità di un doppio incarico presidenziale, per nulla vietato dalla Costituzione e tutt'al più una questione di opportunità. Quando queste cose accadono, e non vengono subito stigmatizzate, ma anzi vengono ampiamente e pubblicamente coltivate con il consenso di tutti i media, il segnale ora è dato. Non che fosse necessario saper leggere la sfera di cristallo per capire quanto le istituzioni del nostro Paese siano ridotte a una condizione premoderna - quando la divisione dei poteri tra i poteri era solo questione di mutare i rapporti di potere e non di delimitare le leggi , quando insomma i giudici potrebbero fare i legislatori e i legislatori i giudici. Ma certo questi fenomeni - non contrastati da alcuna reazione da parte di alcun ufficio statale o autorità morale - danno il senso pieno del crollo in cui siamo dispersi.

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